MALATTIE DELLE ARTERIE DEGLI ARTI INFERIORI

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Malattie delle Arterie degli Arti Inferiori

Una persona con la pressione alta, il colesterolo alto, fumatore o con una storia in famiglia di cardiopatia o ictus ha un rischio molto elevato di essere colpito da una malattia delle arterie degli arti inferiori anche nota con la sigla AOP (Arteriopatia Obliterante Periferica).

L’AOP è una delle manifestazioni dell’aterosclerosi (un indurimento delle arterie) che può colpire qualsiasi arteria di un organo o degli arti. Si tratta cioè della stessa malattia che se colpisce le arterie del cuore, le coronarie, può causare l’infarto o se colpisce le arterie cerebrali può causare un ictus.

Quando l’aterosclerosi colpisce le arterie degli arti inferiori, le conseguenze sono rappresentate da dolori muscolari che colpiscono inizialmente durante l’attività fisica ma che col tempo e l’aggravamento possono tramutarsi in dolori a riposo. Un ulteriore aggravamento può portare alla formazione di ulcere di gravità crescente fino alla gangrena e alla necessità di amputazione dell’arto.

La diagnosi nelle prime fasi non è semplice e molti casi possono essere misconosciuti per anni prima di essere correttamente inquadrati e ricevere l’adeguato trattamento.

Vedremo in questo capitolo come esistono oggi metodiche diagnostiche molto accurate e una serie di trattamenti di varia natura che se messi in atto tempestivamente, possono scongiurare il rischio di amputazione nella maggior parte dei casi.

Diagnosi delle AOP

Le malattie delle arterie degli arti inferiori (Arteriopatie Obliteranti Periferiche – AOP) si manifestano quando esse si restringono o si occludono completamente a causa di una placca aterosclerotica o di un coagulo disangue o entrambi.

Come descritto nel capitolo introduttivo, il processo dell’aterosclerosi consiste nella formazione di placche che causano l’indurimento e il restringimento o l’ostruzione delle arterie.

Quando questo avviene a livello delle arterie degli arti inferiori (arterie iliache, femorali, tibiali) si riduce la quantità di sangue che può fluire ai muscoli dei glutei, delle cosce e dei polpacci.

attori di rischio dell’ AOP, sono quelli già discussi in precedenza: il fumo, la vita sedentaria, l’ipertensione, il colesterolo alto, il diabete oltre che una storia famigliare di cardiopatia o di ictus. L’ AOP è più comune dopo i quaranta anni ed è uno dei problemi di salute più importanti nella popolazione anziana colpendo oltre il 10% delle persone che hanno più di sessantacinque anni.

pesso, purtroppo, l’AOP è ignorata perché molti attribuiscono i disturbi all’artrosi, a una sciatalgia o a “dolori dell’età”, trascurando così una malattia molto importante.

Talvolta le placche restano stabili per molto tempo ma in altri casi si può avere un peggioramento improvviso dovuto a un’emorragia all’interno della placca o la formazione di un coagulo (trombosi) nell’arteria. In entrambi i casi, il flusso di sangue già compromesso dalla presenza della placca si blocca completamente.

Campanello di allarme

Oltre ai problemi specifici della cattiva circolazione agli arti inferiori, la diagnosi di AOP deve rappresentare un importantissimo campanello di allarme perché le placche aterosclerotiche potrebbero essere presenti in altre arterie molto importanti (quali quelle dirette al cuore o al cervello). In effetti, è stato osservato che il rischio di avere un infarto è sei volte maggiore nei soggetti con AOP.

A titolo di esempio si consideri che la mortalità a cinque anni per un soggetto con AOP non trattata è paragonabile a quella di un soggetto con un tumore del colon o del seno.

Sintomi

Inizialmente la presenza delle placche nelle arterie delle gambe possono causare pochi sintomi in quanto vi sono molti circoli collaterali di compenso, tuttavia con l’aggravarsi della malattia cominciano a manifestarsidolori (talvolta crampiformi) ai muscoli delle gambe in particolare quando si cammina o si corre specie se in salita o facendo le scale. Il disturbo scompare rapidamente quando ci si ferma, salvo riprendere nuovamente dopo aver percorso un altro tratto di strada, per questo tale sintomo prende il nome di “claudicazione intermittente”.

L’intervallo libero di marcia (quanti metri si possono percorrere prima che compaia il dolore) e il tempo di scomparsa del dolore sono dei buoni indicatori della gravità della malattia.

Con il passar del tempo (e soprattutto in mancanza di cure adeguate e della correzione dei fattori di rischio) la circolazione di sangue può essere così scarsa che i dolori insorgono anche a riposo e specie di notte o quando ci si sdraia.

casi più gravi la circolazione è inadeguata perfino per mantenere la vitalità delle cellule e dei tessuti e si hanno formazione di ulcere e lesioni della pelle (dette lesioni trofiche). La fase terminale è caratterizzata dalla gangrena per morte delle cellule che conduce alla necessità di amputare l’arto. In molti casi alla scarsità della circolazione si sovrappongono problemi d’infezione che possono aggravare significativamente il quadro clinico.

Diagnosi

Se i disturbi che abbiamo descritto assomigliano ai vostri, vale senz’altro la pena di parlarne al medico, non solo descrivendogli i sintomi ma anche discutendo i fattori di rischio e la vostra storia famigliare di malattie vascolari.

Già con il semplice esame obiettivo il medico può avvicinarsi alla diagnosi corretta, tuttavia nei casi dubbi potrà essere prescritto un esame chiamato Eco­‐Doppler oppure Eco‐Color­‐Doppler, che permette in maniera assolutamente non invasiva di valutare molto accuratamente la circolazione delle vostre gambe.

Nei casi in cui effettivamente si dovesse evidenziare una malattia delle arterie, spetta poi allo specialista di valutare l’opportunità di ulteriori accertamenti diagnostici (Angio-­TAC, Angiografia) o o di orientare il paziente verso la più opportuna scelta terapeutica.

Stile di vita e cure farmacologiche

Spesso i pazienti ai quali è stata diagnosticata una malattia delle arterie delle gambe (AOP) ci chiedono se esistano medicine da prendere per bocca che possano essere utili.

Ormai siamo assillati da pubblicità che promettono cure miracolose per ogni tipo di problema, sembrerebbe quindi logico pensare che le aziende farmaceutiche avessero a disposizione medicine adatte a un problema di salute comune come l’AOP.

In effetti negli ultimi decenni abbiamo assistito a progressi spettacolari nella terapia farmacologica dimolte malattie, ad esempio, fino agli anni ‘80 la chirurgia rappresentava il trattamento più comune per l’ulcera dello stomaco, oggi invece grazie a particolari terapie farmacologiche, la chirurgia per l’ulcera è quasi scomparsa.

quanto riguarda l’AOP, invece, sebbene vi siano alcune importanti misure che i pazienti possono mettere in atto, non esiste una pillola miracolosa che risolva facilmente il problema.

Come abbiamo visto la causa principale dell’AOP è rappresentata dalla formazione di placche aterosclerotiche all’interno delle arterie. Ricordiamo anche che, se si sono già formate placche aterosclerotiche nelle arterie nelle gambe, è possibile che siano malate anche nelle arterie che irrorano il cervello, il cuore e i reni.

La terapia farmacologica dell’arteriopatia non è quindi solo rivolta a migliorare i sintomi specifici alle gambe, ma anche a salvare la vita del paziente. Prenderemo pertanto in considerazione strumenti “Salva-Gambe” e strumenti “Salva-Vita”.

Strumenti "Salva-Gambe"

Il primo obiettivo per i pazienti con claudicazione intermittente è quello di ridurre tale disturbo aumentando l’autonomia di marcia. Ci sono diversi metodi per ottenere questo risultato:

1) perdita di peso: certamente, in presenza di eccesso di peso, i muscoli delle gambe sono sottoposti a un sovraccarico di fatica, pertanto un calo ponderale permetterà certamente di migliorare anche i disturbi alle gambe durante la marcia.

2) esercizio fisico: camminare il più possibile possibile è sicuramente il primo importantissimo consiglio per i pazienti che soffrono di claudicazione intermi/ente. Da notare però che non è opportuno continuare la marcia quando si manifesta il dolore, è invece preferibile aspettare che il dolore passi e quindi riprendere a camminare, salvo eventualmente fermarsi di nuovo quando il dolore dovesse tornare. La distanza delle passeggiate potrà così gradualmente aumentare migliorando anche la qualità della vita dei pazienti.

3) terapia farmacologica: come abbiamo accennato, purtroppo non esiste ancora una pillola magica per l’AOP. Un farmaco molto usato in passato, la Pentossifillina, ha dimostrato risultati non sempreincoraggianti. Un altro farmaco resosi disponibile negli ultimi anni il Cilostazolo sembra realmente permettere di incrementare significativamente l’autonomia di marcia. Si tratta di un vasodilatatore che agisce permettendo alle arterie di espandersi e quindi di aumentare il flusso di sangue alle gambe. Il Cilostazolo,poi, possiede anche un blando effetto anti‐aggregante simile a quello dell’aspirina. E’ da notare che gli effetti benefici sulla marcia non sono istantanei, ma anzi occorrono diverse settimane di assunzione del farmaco prima che si manifestino.

4) cura dei piedi: molti pazienti con AOP, soffrono anche di diabete. In questi pazienti, il rischio che l’arteriopatia si aggravi fino a rendersi necessarial’amputazione è certamente molto più alto. Molto spesso le ulcere ai piedi (che possono complicarsi per la presenza di infezione) rappresentano il primo segno di un aggravamento dell’arteriopatia stessa. Occorre quindi una cura meticolosa delle eventuali ulcere presso centri specializzati per ridurre il rischio di amputazione.

Strumenti "Salva-Vita"

Come dicevamo, in molti pazienti con AOP possono essere anche malate le arterie del cervello del cuore e dei reni. E’ quindi fondamentale, in questi soggetti,mettere in atto ogni misura possibile per ridurre il rischio di infarto e di ictus.

Diventa quindi di estrema importanza per questi soggetti astenersi completamento del fumo, controllare attentamente i valori di colesterolo in particolare il Colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e controllare accuratamente la pressione e il diabete, qualora fosse presente.

Generalmente, in questi pazienti, il medico prescrive l’assunzione di un farmaco anti-­‐aggregante quale ad esempio l’acido acetilsalicilico (aspirina) o il Clopidogrel, che hanno lo scopo di ridurre l’aggregabilità delle piastrine e quindi la formazione di coaguli che possono causare trombosi delle arterie cardiache o cerebrali causando quindi l’infarto o l’ictus. Naturalmente queste terapie devono essere assunte sotto stretto controllo medico.

Le procedure mini-invasive

Talvolta nonostante le medicine e gli sforzi per modificare le abitudini di vita, i disturbi dell’ AOP sono tali da alterare gravemente la qualità della vita. In questi casi è opportuno eseguire ulteriori accertamenti diagnostici per valutare la possibilità di un trattamento endovascolare mini-­‐invasivo o se questo non fosse possibile di un by-pass.

Nei precedenti capitoli abbiamo spiegato i fattori dirischio, la diagnosi e il trattamento farmacologico dell’AOP abbiamo anche spiegato perché questa malattia oltre alle gambe mette anche a repentaglio anche la vita del paziente.

”L’indurimento delle arterie” se non diagnosticato tempestivamente o non trattato opportunamente Può portare a un danno ai tessuti o addirittura all’amputazione.

Negli ultimi anni oltre alle tradizionali opzioni terapeutiche chirurgiche, una serie di nuovi trattamenti endovascolari mini‐invasivi ha rivoluzionato lo spettrodelle possibilità di cura che gli specialisti possono offrire a pazienti con una claudicazione intermittente disabilitante u un’ischemia critica agli arti inferiori.

Questi trattamenti sono detti per‐cutanei in quanto non è necessaria una ampia incisione chirurgica, ma possono essere condotti attraverso dei tubicini(cateteri) di diametro anche inferiore ai 2 millimetri, che sono inseriti nelle arterie generalmente a livello inguinale con una semplice iniezione.

La decisione sul tipo di trattamento più opportuno è basata non solo sui sintomi clinici ma anche sulle caratteristiche anatomiche della malattia che vengono evidenziate dagli esami diagnostici.

Le principali metodiche endovascolari comprendono: l’angioplastica con palloncino, l’applicazione di stent metallici di vario tipo e l’aterectomia.

1) Angioplastica con palloncino: è una delle tecniche endovascolari più classiche, tuttavia oggigiorno si è arricchita di notevoli sviluppi tecnologici, esistono infatti particolari palloncini con un profilo estremamente basso che possono essere impiegati anche per la dilatazione di arterie molto piccole come le arterie tibiali occluse anche tratti molto lunghi. Esistono poi palloncini dotati di minuscole lame che possono incidere placche particolarmente tenaci, ma soprattutto sono oggi disponibili palloncini che contestualmente alla dilatazione della placca rilasciano farmaci specifici che permettono di prevenire in larga misura le ri­‐stenosi, cioè la recidiva della malattia che purtroppo è abbastanza comune con queste metodiche.

2) Stent: si tratta in sostanza di gabbiette metalliche che hanno lo scopo di mantenere aperte nel tempo le arterie sottoposte ad angioplastica. Anche in questo campo ci sono stati sviluppi tecnologici notevolissimi in particolare con l’introduzione degli stent medicati o a rilascio di farmaci molto efficaci nel prevenire le ri‐stenosi soprattutto se i restringimenti dell’arteria sono limitati a un breve tratto

3) Aterectomia: è la rimozione di pare della placca per mezzo di particolari cateteri che agiscono con meccanismi differenti. La metodica trova indicazione in casi molto selezionati.

Le metodiche endovascolari per la terapia dell’AOP trovano indicazione in svariati casi dai restringimenti delle grandi arterie iliache che si trovano nell’addome, alle femorali ai minuscoli vasi tibiali che sono colpitisoprattutto nei soggetti diabetici. Tuttavia le indicazioni devono essere sempre molto oculate.

E’ poi importantissimo far seguire all’intervento uno stretto controllo dei fattori di rischio oltre che controlli seriati nel tempo della procedura eseguita, solo così si potrà assicurare un buona durata dei benefici nel tempo.

I by-pass agli arti inferiori

Quando le arterie delle gambe sono chiuse per lunghi tratti e la quantità di sangue che arriva ai tessuti è molto scarsa, la terapia chirurgica offre ottime possibilità di miglioramento dei sintomi e recupero funzionale.

La procedura più comunemente impiegata è quella del by-­pass. Si tratta cioè di creare un condotto che porti il sangue da una zona di arteria sana o monte dell’occlusione a una a valle dell’occlusione stessa. I materiali con cui possono essere confezionati i by-pass agli arti inferiori possono essere sintetici (in sostanza dei tubicini di tessuto come il Dacron o l’ePTFE) oppure biologici. Fra questi ultimi particolarmente importanti sono le vene del soggetto stesso (autologhe) che quando presenti e di buona qualità, permettono risultati particolarmente duraturi. Le vene delle gambe, tuttavia sono naturalmente provviste di valvole atte a impedire il reflusso del sangue verso la periferia, pertanto per essere impiegate come condotto arterioso, le vene devono essere prelevate e invertite, oppure se lasciate nella sede naturale (“in situ”) le valvole devono essere rese incontinenti con particolari strumenti (valvulotomia). Anche a seguito delle procedure di by-­pass chirurgico, è importante rispettare un corretto regime terapeutico con anti-aggreganti o anticoagulanti. I fattori di rischio vanno altresì controllati attentamente e gli esami e le viste effettuati scrupolosamente.

Il piede diabetico

Il diabete è una malattia molto comune e oggigiorno grazie al progresso della terapia, l’aspettativa di vita dei pazienti che ne soffrono è ormai simile a quella delle persone non‐diabetiche.

Sono tuttavia ancora molto importanti i problemi delle complicanze croniche. Alcune sono legate a malattia delle piccole arterie (microangiopatia) quali laretinopatia o la nefropatia e altre a malattia dei grossi vasi arteriosi (macroangiopatia) quali appunto le arterie degli arti inferiori o alla neuropatia.

Fra le complicanze del diabete ha un ruolo molto importante Il cosiddetto “piede diabetico” che può colpire fino al 15% dei pazienti diabetici, E purtroppo molti di questi casi si aggravano a tal punto da dover richiedere una amputazione. In realtà però, quasi sempre, il problema comincia con una piccola ulcera che può ancora essere curata efficacemente.

Il problema del piede diabetico ha molte cause, quali ad esempio la malattia delle arterie, che determina un ridotto flusso ematico ai tessuti, e quindi un ridotto apporto di ossigeno e nutrienti, e inoltre un’aumenta sensibilità alle infezioni. La neuropatia che togliendo sensibilità al piede induce lesioni senza che il paziente se ne accorga tempestivamente.

caso di presenza di un’ulcera o di una lesione ai tessuti del piede è senz’altro consigliabile rivolgersiimmediatamente a un centro specializzato tuttavia sarebbe senz’altro preferibile poter prevenire la comparsa delle ulcere stesse.

Fra gli obiettivi della prevenzione ricordiamo l’individuazione dei pazienti a rischio di lesione del piede, l’attuazione di provvedimenti profilattici, educativi e terapeutici e la sorveglianza dei pazienti a rischio recidiva.

Talvolta è una piccola lesione cutanea accidentale a scatenare il problema, mentre altre volte e un ripetuto sfregamento di una parte del piede in una calzatura non adeguata.

Uno dei problemi connessi al rischio di ulcerazione è la presenza di deformità quale l’alluce valgo o altre più gravi. In presenza di neuropatia, l’insensibilità consentirà che nella zona di prominenza si formi una borsite infiammatoria che in assenza di dolore passerà inosservata fino all’ulcerazione.

Ecco una sorta di decalogo per la prevenzione delle ulcere:

• ispezionare ogni giorno i piedi (anche in luoghi non immediatamente visibili come le zone interdigitali o la pianta del piede)

• lavare ogni giorno i piedi (controllando la temperatura dell’acqua col gomito o col termometro e non con il piede stesso)

• ispezionare ogni giorno i piedi (anche in luoghi non immediatamente visibili come le zone interdigitali o la pianta del piede)

• lavare ogni giorno i piedi (controllando la temperatura dell’acqua col gomito o col termometro e non con il piede stesso)

• asciugare bene ma delicatamente, specie gli spazi interdigitali
usare calze che non stringano (in materiale naturale e senza cuciture interne) e cambiarle ogni giorno

• NON usare callifughi o strumenti taglienti per le callosità

• tagliare le unghie con forbice a punta smussa, arrotondare con lima di cartone

• curare tempestivamente eventuali micosi delle unghie

• NON camminare a piedi scalzi

• NON usare fonti di calore dirette (borse d’acqua calda, termoforo)

• usare scarpe comode con punta rotonda e tacco non superiore a 4 cm (possibilmente in tessuto morbido traspirante senza cuciture in rilievo)

• controllare l’interno delle scarpe prima di indossarle

• quando si calzano scarpe nuove, controllare il piede dopo pochi minuti di cammino