LA SINDROME DA CONGESTIONE PELVICA PCS

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LA SINDROME DA CONGESTIONE PELVICA PCS

La Sindrome da Congestione Pelvica (PCS) è una patologia ad eziologia multifattoriale secondaria ad un alterato funzionamento delle vene intra-addominali con conseguente reflusso di sangue nelle vene ovariche e pelviche a cui si possono associare varici vulvari, perineali e/o degli arti inferiori. La sintomatologia può includere dolore pelvico, pesantezza perineale, urgenza minzionale e dolore durante e dopo i rapporti sessuali ed è spesso variabile.  

E’ stimato che circa il 14% delle donne ha una dilatazione primitiva delle vene ovariche secondaria ad agenesia valvolare e tra queste pazienti circa il 50% può sviluppare sintomatologia significativa. In tutti gli altri casi, la causa della PCS è multifattoriale e include fattori di rischio meccanici (congeniti o acquisiti), ormonali o neurologici. Il principale fattore scatenante è l’ipertensione venosa: quando il flusso assume una direzione invertita (reflusso) nelle vene pelviche determina lo sviluppo di “varici pelviche” che hanno molte analogie con le vene varicose degli arti inferiori. 

La diagnostica della PCS può essere effettuata attraverso metodiche di I e di II livello. L’ecografia transaddominale è mirata ad esclusione di patologie primitive addominali e pelviche, può spesso sospettare varicosità pelviche in mano di operatori esperti e consente sempre di documentare l’insufficienza della vena ovarica. La metodica di scelta è sicuramente l’ecografia trans-vaginale: questo esame offre la possibilità di valutare il plesso venoso pelvico in termini dimensionali e funzionali offrendo informazioni precise sulla localizzazione delle dilatazioni e sulla presenza di reflusso venoso significativo. L’esecuzione di un ecocolordoppler delle vene degli arti inferiori è fondamentale per identificare rami venosi che presentano scarico dal pavimento pelvico verso le gambe e consente quindi di identificare la provenienza delle vene “nutrici” di tributarie varicose atipiche (perineali, vulvari, glutei o posteriori di coscia). Inoltre consente di valutare le alterazioni di flusso sulla vena femorale comune che sono segni indiretti di una sindrome compressiva addominale.  

La diagnostica di II livello viene effettuata con AngioTAC o con AngioRisonanza Magnetica. La prima però è un esame con emissione di radiazioni ionizzanti potenzialmente dannose in età giovanile e non consente di valutare dati emodinamici, di contro offre una elevatissima risoluzione su tutte le strutture addominali compresi i vasi venosi iliaci e la vena cava inferiore e sugli organi contenuti nella pelvi consentendo una ottima qualità diagnostica. La Risonanza magnetica consente di ottenere immagini di alta qualità con acquisizione di sequenze emodinamiche che identificano i distretti patologici.  Possono essere identificate stenosi o compressioni delle vene renali o delle vene iliache comuni possibili cause di alterato ritorno venoso (sindrome dello Schiaccianoci, sindrome di MayThurner). 

La terapia medica si basa sull’assunzione di analgesici, farmaci antinfiammatori non steroidei, farmaci psicotropi ma spesso con scarsi risultati. Il trattamento invasivo di scelta oggi è rappresentato dall’embolizzazione endovascolare ovvero dall’occlusione delle varici pelviche con spirali e schiuma sclerosante: l’obiettivo è chiudere gli assi venosi insufficienti nella parte più vicina possibile all’origine del reflusso occludendo i vasi patologici. Le complicanze della procedura sono rare, spesso è presente dolore post-procedurale che prosegue per circa 7-10gg. In caso di sindrome compressiva può essere corretta la compressione venosa con interventi chirurgici oppure con l’impianto di uno stent endovascolare che dilata la vena e ristabilisce un normale ritorno venoso al cuore.